aggiornamento del modo
alcuni segnali dimostrano che da qualche tempo anche le istituzioni stanno prendendo consapevolezza che la dimensione materiale legata al solo momento economico è disumana. Altri danno conferma piena che la corsa verso il baratro sia inarrestabile.
16.paradigmatico 260912
"Il nuovo paradigma" è un articolo di Guido Dalla Casa pubblicato su ariannaeditrice.it Generalità Oggi sappiamo che: - Ci troviamo sul terzo pianeta di una stella di media grandezza, che si muove nel braccio esterno di una galassia qualunque, fra miliardi di altre stelle; - Non c’è nulla di stabile né permanente, non c’è nessun centro di alcun tipo; - La Terra ha cinque miliardi di anni, la Vita ha tre miliardi di anni, la specie umana ha un milione di anni, la cosiddetta civiltà ha diecimila anni, la manìa della crescita economica ha duecento anni; - Non c’è alcuna discontinuità nella Vita: i fenomeni vitali ed emotivi sono presenti in tutti gli esseri senzienti, il comportamento è simile in moltissime specie. L’umanità non ha un’origine unica, è sorta da piccole modifiche e da mescolanze di altri animali (Primati); - In tutti i sistemi complessi si manifestano fenomeni mentali. Il paradigma attuale Il paradigma entro il quale di norma vengono inserite attualmente le idee, le nozioni, le informazioni e le notizie si basa pressappoco su questi pensieri di fondo: - L’umanità è sorta come “progresso” da specie precedenti con origine definita ed è lo scopo di questa “evoluzione”: è l’unica dotata di attività spirituale e depositaria del diritto-dovere di modificare il mondo, fatto per lei; - La civiltà è nata con l’agricoltura diecimila anni orsono, facendo fare all’uomo un grande “balzo in avanti” e aumentando il suo benessere: così è iniziata “la storia”, mentre tutto quello che c’era prima, o non ha abbracciato il nuovo credo, è etichettato come “preistoria”; - L’incremento indefinito dei beni materiali è lo scopo naturale di tutti gli umani. La tecnologia e l’economia (in crescita) sono le attività “vere” che perseguono questo scopo; tutto il resto è un contorno, buono solo per il “tempo libero”. Un nuovo paradigma Proviamo ad inserire le nostre nozioni in questo (nuovo) paradigma: - Siamo esseri senzienti che facciamo parte di un Organismo più grande, che ha una sua vita propria, insieme agli altri esseri, agli ecosistemi e alle relazioni fra tutti gli elementi viventi e non viventi. In questo paradigma si inseriscono, fra gli altri, due movimenti di pensiero: la Critica alla civiltà e l’Ecologia Profonda. La Critica alla civiltà contesta gli ultimi diecimila anni (dall’inizio dell’agricoltura), l’Ecologia Profonda contesta gli ultimi tremila anni delle culture che hanno portato alla civiltà attuale globalizzata. La Critica alla civiltà contesta ogni forma di istituzione, gerarchia, religione, scienza, filosofia, tecnologia, arte, viste come pericolose e dannose intermediazioni con il resto della Natura. L’Ecologia Profonda conserva una forma di scienza-filosofia che cerchi un’integrazione consapevole con il mondo naturale, sistema complesso anche mentale di cui facciamo parte. Lascio a ciascuno il divertimento di meditare sulle conoscenze accennate all’inizio per vedere se sono meglio inseribili nell’attuale paradigma o in quello nuovo, con un invito a rileggere la scala dei tempi. Esempi I concetti vengono trasmessi tramite le parole; il significato delle parole che si usano è determinante. Facciamo alcuni esempi: Si continua a dire “l’uomo e la natura” come se fossero due cose distinte, se non addirittura contrapposte. Oggi sappiamo che l’uomo è Natura, è una specie animale, è completamente partecipe del fluire mentale-energetico-materiale dell’Ecosistema. Si usa dire “l’uomo e gli animali” come se fossero due cose diverse; i termini umanità e animalità sono addirittura usati come antitetici. Quante volte si sente dire dai mezzi di informazione che quel tale delinquente “è un animale” “è una bestia” o simili espressioni, totalmente assurde. Anche dire che la Natura (o un’entità naturale) è “patrimonio di tutti” o costituisce una risorsa da conservare sottintende una concezione fortemente antropocentrica. Così pure voler salvare un ambiente naturale per poterlo trasmettere “alle generazioni future”: sono tutte espressioni che considerano la centralità dell’uomo come ovvia. Invece le parole devono essere adattate all’idea che qualunque entità naturale, e la Natura stessa, hanno un valore in sé, indipendente dalla nostra specie. Anziché “animali” o “bestie” diremo “gli altri esseri senzienti”, senza comunque impiegare alcun termine in senso negativo. La parola civile, sempre impiegata con connotazioni positive, va evitata perché ha in realtà l’unico significato di “conforme ai principi dell’Occidente”. Non esiste alcun “ambiente”: il termine deriva dall’idea di ambiente dell’uomo, cioè è impregnato dal fortissimo antropocentrismo della cultura occidentale. In sostanza si usa chiamare “ambiente” un Organismo Totale vivente-senziente, come se fosse un “contorno” di alcune sue cellule (la nostra specie).E’ poi evidente che non è sufficiente preoccuparsi di preservare “il paesaggio”, ribadendo con questo termine che tutto quello che si fa è per allietare l’uomo, ma bisogna rendersi conto in modo molto più vitale e profondo di tutti i collegamenti fra qualunque elemento del Pianeta. Si possono trasmettere le stesse nozioni ma in un altro quadro generale, con un linguaggio organicistico-olistico (non antropocentrico) ben diverso. Non è strettamente necessario modificare le nozioni attuali, almeno inizialmente. Da un libro di Gregory Bateson(Mente e Natura – Ed. Adelphi, 1984) E’ una questione di obsolescenza. Mentre buona parte di ciò che si insegna oggi è nuovo e aggiornato, i presupposti o premesse di pensiero su cui si basa tutto il nostro insegnamento sono completamente superati. Mi riferisco a nozioni quali: - Il dualismo cartesiano che separa la “mente” dalla “materia”. - Lo strano fisicalismo che usiamo per descrivere e spiegare i fenomeni mentali: “potenza”, “tensione”, “energia”, “forze sociali”, ecc.; - l’idea che tutti i fenomeni (compresi quelli mentali) possono e devono essere studiati e valutati in termini quantitativi. La visione del mondo generata dall’insieme di queste idee è superata perché: - dal punto di vista pragmatico queste premesse e le loro conseguenze portano all’avidità, a un mostruoso eccesso di crescita, alla guerra e all’inquinamento. In questo senso, le nostre premesse si dimostrano false ogni giorno, e di ciò gli allievi si rendono in parte conto; - dal punto di vista intellettuale, queste premesse sono obsolete in quanto la teoria dei sistemi, la cibernetica, la medicina olistica, l’ecologia e la psicologia della Gestalt offrono modi manifestamente migliori di comprendere il mondo della biologia e del comportamento; - come base per la religione le premesse che ho menzionato divennero chiaramente intollerabili e quindi obsolete circa un secolo fa.
Questa la considerazione: Condividere le opinioni espresse da Guido Dalla Casa è cosa in necessaria via di diffusione. Forse può essere utile alla discussione fare presente che anche i talebani furono considerati salvatori visto il momento disastroso nel quale si sono presentati. Questo per dire che anche il nuovo paradigma è vissuto – almeno parzialmente – come un momento evolutivo, un successo, un passo avanti. E, almeno per questo aspetto, parzialmente soggetto e oggetto della stessa logica “produttivistica” che vorremmo criticare, che indichiamo come causa di degrado, guerre. Che vorremmo superare. In via ipotetica questa contraddizione potrebbe trovare risoluzione qualora ci rivolgessimo alla storia che critichiamo, non per criticarla, non per prenderne le distanze ma per legittimarla. Riconoscere la necessarietà della storia che c’è stata (problema storiografico a parte), farla nostra, assumercene identità e responsabilità, arrivare quindi a riconoscere la genesi e la bontà di ciò che, diversamente facendo, vediamo come orribile e da fuggire o semplicemente da cambiare. Accreditando di verità la storia, l’altro, si alza il rischio di aprire all’ascolto, cioè di modularsi secondo lunghezze d’onda più profonde e nascoste, quelle in pratica che la politica e il populismo non vedono e non sentono. L’aspetto pratico di questo atteggiamento – o disponibilità – è quello di tendere a compiere azioni più a misura e necessarie alla realizzazione dell’amato nuovo paradigma. Tralasciando la logica della contrapposizione (che si esaurisce nel giudizio). Acquisendo quella dell’assunzione di responsabilità.
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