"il medium é il messaggio"
uno spazio dedicato al linguaggio, argomento primario ma ancora occulto. Primario perché contiene, impedisce e comuque sempre realizza mediazione. Occulto perché in buona misura è ammantato della razional convinzione che capire sia tutto.
 
12.grande Corriere! 250116

ah ah ah, Grande! Notevole. Il Grande, Notevole Corriere della Sera… Spettacolare.
Dopo migliaia di pagine dedicate all’Afghanistan da parte di tutte le testate del pianeta, ancora fomenta direzioni di pensiero false e tendenziose o - ed è peggio ancora - confonde inconsapevolmente le carte della storia.
 
Ah ah ah, grande Corriere. Nel 2016 fraintendi tutto. “L’Afghanistan alla fine degli anni ‘60, prima dei Talebani”. Che c’entrano i talebani negli anni 60?
Ma non basta, sei incredibile Corriere, infatti aggiungi, “prima della guerra e prima dell’avvento del regime talebano”. Ma quale guerra? Ce n’è una collana di guerre. Ma sei un giornale, un qualcosa che crede di fare infomazione o disastri? Il regime talebano è quello che ha fatto meno danni rispetto al conflitto tra mujahiddin e sovietici/governativi e tra fazioni di mujahiddin durante la successiva guerra civile. Neanche in un tema del liceo si leggerebbe tanta approssimazione, tanta malainformazione, tanta sfacciata tendenziosità.
Non è tutto... troppo divertente (fa piangere ma arriva ad essere divertente). 
“Giardini Paghman, distrutti durante l’invasione del Paese, dopo gli attentati negli Stati Uniti dell’11 settembre 2001”I Giardini Paghman, che a leggere dalla dida sembrano a Kabul, non lo sono. Paghman è un paese trenta chilometri a ovest della capitale. Meta di gite estive, apprezzato per il clima mitigato dalla vicinanza alle montagne, per i giardini e per altro.
Distrutti dopo l’invasione Americana? Sicuro Corrierone?
Gli americani non si sono mai occupati di Paghman.
 
"L’Afghanistan alla fine degli anni ‘60, prima dei Talebani. Lo raccontano le foto scattate da un professore universitario americano, Bill Podich, dell’Arizona, morto nel 2008. Sul suo sito decine di foto realizzate nei suoi anni a Kabul, insieme alla moglie Margaret e alle due figlie Jan e Peg. Scatti che immortalano un Afghanistan molto diverso da quello di oggi, prima della guerra e prima dell’avvento del regime talebano. In questa immagine le due figlie del professore ai Giardini Paghman, distrutti durante l’invasione del Paese, dopo gli attentati negli Stati Uniti dell’11 settembre 2001"
 
Tutto questo è il dono concentrato nella prima didascalia.
L’improprietà, chiamiamola così, della seconda, quasi non conta nulla. “In queste foto Peg Podlich a Kabul nel 1967”, il paesaggio ripreso non è Kabul. Le montagne sono troppo vicine, più facile sia ancora Paghman.
 
"Il professore americano ha raccontato per immagini un Afghanistan con costumi e stile di vita molto simili a quelli occidentali. “Guardo le foto di mio padre - racconta una delle figlie di Podlich - e ricordo l’Afghanistan come un paese con migliaia di anni di storia e di cultura. Guardare e sentire la sofferenza profonda che hanno poi dovuto patire è un’esperienza terribile”. In queste foto Peg Podlich a Kabul nel 1967"
 
Ah Ah Ah grande Corriere, il 24 gennaio 2016 ti sei superato.

 


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