assunzione di responsabilitā o anarchia
diversamente dal luogo comune che fa corrispondere all´anarchia caos e libero egoismo, anarchia è oggi declinata soprattutto in modo etico.
Ne segue che l´assunzione di responsabilità diviene l´unica via per creare una relazione con lo stato (che a suo tempo voleva abbattere) diversa da quella realizzata dall´individuo/delega della responsabilità.
 
04.storia d´amore 180215

è giusto criticare.
È un dovere.
Ma spesso è anche un inconsapevole ma grave esonero.
Provocato da questo interessante, condiviso intervento, è sorta spontanea la storia d´amore qui sotto riferita.
 

"Amor, ch´a nullo amato amar perdona"

Certo, ma oltre alla rivoluzione così come siamo abituati a concepirla, cosa può fare chi riconosce quanto dice Giannulli?

Se l´establishment ruota confuso su se stesso incapace di prendere decisioni idonee alle sorprese della nuova complessità, forse anche la rivoluzione è obsoleta. 

Oltre agli intellettuali che possiamo chiamare tali e dei quali possiamo evidenziare l´allineamento e la carenza di creatività, ci siamo noi. Altrettanto intellettuali, semplicemente meno disponibili alla ribalta o - per ora - a quella aspiranti. 

Ecco, noi, che stiamo facendo oltre alla denuncia intellettuale? 

Oppure, la denuncia intellettuale è quanto crediamo di dover fare e poi basta, o c´è un seguito, almeno tratteggiabile?

Lo chiedo e la considero una domanda banale sebbene poco in circolazione. Ma lo chiedo anche perché nel criticare non leggo mai, neppure in forma di postilla seppur necessaria secondo la cosiddetta onestà intellettuale, che chi DEVE scegliere occupi una posizione diversa dalla nostra, sostanzialmente alla finestra. Tralascio il seppur importante discorso sulle ragioni coniugate alla delega della politica, crogiolo della democrazia rappresentativa e dunque sui diversi (tra noi e loro) doveri. Chiedo di concentrare l´attenzione sul ruolo di chi non può (per modo di dire) parlare e deve invece fare. Chiedo di concentrarci sui nostri personali rapporti interpersonali. E su questi chiedo: non è vero che alcuni di questi vanno in direzioni non auspicate? Chiedo: se noi, quando siamo nel ruolo di dover scegliere in contesto interpersonale, quindi con una complessità per certi aspetti minore di quella sociale e internazionale, non siamo in grado di condurre in porto la relazione, non possiamo trarne una metafora non solo di critica politica? Non potremmo, voglio dire, riconoscere la difficoltà di chi stiamo criticando fosse anche solo per una ragione politico-strategica, ancor prima che culturale e umana?

 

Con le fazioni; con l’identificazione con il sentimento dell’odio; con l’identificazione con l’idea di essere una parte isolata dal tutto; con la separazione dall’altro; con l’impiego del principio dell’oggettività (il neologismo è mio, spero dica qualcosa a tutti); con l’attenzione alle vicende umane su uno sfondo che non è mai abbastanza la Terra; con la prevaricazione di un linguaggio politico anche da molti che condividono la prospettiva prepolitica; con dei modi di essere e di fare che dimenticano che la realtà non è fuori, là, in attesa di noi, ma che è nelle relazioni; con la dimenticanza - forse considerevolmente grave - che nei grandi numeri (sempre gergo personale, privo di ambientazione squisitamente matematica) si creino dinamiche estranee a quelle possibili nei piccoli e che quindi trasferire quelle fatte inter nos su territori intra nos è inopportuno, quantomeno per le incommensurabilmente differenti inerzie, non pare si possa portare la storia verso una direzione ove il terreno della ripetizione di se stessa le venga a mancare, anzi. Con quanto elencato su, la storia tende a mantenere e ad alimentare, con forme del proprio tempo, tutte le dinamiche necessarie affinché il suo ciclo si ripeta. 

 

Chi alla domanda: ma è possibile interromperlo? non cerco di dover dare risposta e la risposta che comunque mi esce non è investita di credito alcuno. Credo invece che operando direttamente per creare una realtà secondo gli opposti a quanto sul tratteggiato si alzi il rischio di diffondere l’idea che, sì, è possibile interromperlo. 

È vero, l’amore, è stato movente di precedenti tentativi, evidentemente falliti. Tuttavia ora disponiamo di consapevolezze e di razionalizzazioni mai tanto diffuse e - azzardo facile - in crescita. 

 

Tutti, se legittimati, tendono ad essere più disponibili all’ascolto. Tutti se delegittimati, tendono ad essere più disponibili all’arrocco. Tutti possiamo riconoscere dove, come e quando aggiornare le nostre espressioni affinché - per quante buone idee contengano - conducano là dove la storia da sola non andrebbe a vivere. 


 


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